La vita comunitaria è una vita fatta di relazioni, interne ed esterne (col territorio). La relazione ha bisogno di tempo dedicato. Un tempo non misurato, ma generosamente messo a disposizione, un tempo che ad un occhio profano può apparire “tempo perso”, ma che invece è sempre “tempo donato” che comporta una vita non più fatta a compartimenti stagni: lavoro, famiglia, culto, amici, sport, tempo libero, volontariato… Il pericolo è che la comunità sia qualcosa che ci capita intanto che stiamo facendo altro. Non è possibile separare il tempo comunitario dal tempo del resto della vita … Non c’è un tempo dell’impegno comunitario e un tempo dello svago dalla fatica di questo impegno: se è così siamo sul terreno sbagliato. Separare il tempo in comunità dal tempo della vita è una separazione molto rischiosa per sé e per la comunità. Quindi svuotare il proprio tempo per permettere all’altro, alla relazione con l’altro, al bisogno dell’altro e al mio bisogno di relazione, di realizzarsi. Se non svuoto il mio tempo questo non avviene. Perché questo processo avvenga, abbiamo dovuto cercare nutrimento non nei grandi risultati, nella straordinarietà delle grandi gioie, ma nella semplicità del quotidiano. Nella ordinarietà del quotidiano.
Massimo Nicolai – Agorà MCF 2017
Volevamo evitare il rischio che la vita di ogni famiglia si svolgesse entro i confini limitati dell’appartamento in uso di ciascun nucleo famigliare e ci si “sfiorasse” tante volte al giorno senza relazionarsi.
La nostra vita comunitaria è da sempre basata su tempi e luoghi dedicati ogni giorno alla relazione. La condivisione è quindi quotidianamente alimentata da occasioni di incontro, ascolto e sostegno reciproci in un clima di convivialità.
Non è un caso che anche i gruppi di condivisione vivano un tempo di convivialità in ognuno dei loro incontri e alcuni organizzino un tempo insieme come un week end o qualche giorno di vacanza. La relazione si nutre di parole, silenzi e tempo condivisi.
Le occasioni ed i tempi di convivialità in comunità