“Quest’anno cosa proponiamo in occasione del Natale?”
Una delle domande degli ultimi giorni in ufficio, in comitato di servizio, nel gruppo comunicazione… Fra le tante cose a cui pensare è bello cercare spunti da proporre -su cui valga la pena di fermarsi in un tempo denso come quello di fine anno. Ed ecco che salta fuori una perla mentre sfoglio i primi numeri di Progetto Insieme alla ricerca di un articolo scritto da Giorgio Chiaffarino, grande amico delle comunità, papà di Alessandra e Francesca e sostenitore, redattore della rivista per tanti anni e tanto altro, salito al cielo domenica scorsa. Mente acuta, energia curiosa, dialettica sferzante, così lo ricordo e con Bruno formava una coppia perfetta.
Menti e cuori vulcanici che si incontravano a parlare, riflettere, condividere pensieri e progetti e proprio da queste conversazioni Giorgio scriveva l’articolo per la rubrica “Cosa bolle in pentola” del nostro Progetto Insieme. La perla si intitola “Ultimissime della notte”, intervista di Giorgio a Bruno, numero 2 di Progetto Insieme, estate 1999.
Dall’Associazione
La redazione ha pensato di chiedere al Presidente le ultime notizie sempre attese ansiosamente da tutti gli amici, vicini o lontani che siano. Giorgio ci ha provato. Vi raccontiamo come è andata…
Giorgio: – Caro Bruno, sta per uscire “Progetto Insieme” e, con la solita cronometrica puntualità, il tuo persecutore è qui per le “ultimissime della notte”: che cosa è successo in questi ultimi mesi?
Bruno: – Prima di tutto mi piacerebbe dire cosa è successo nella mia testa… Tanti mi dicono sei un vulcano: ma io sono bersagliato da tante richieste, tante proposte e devo dare anche tante risposte… e tutto questo mi obbliga a ripensare continuamente. Non ho in mente un’idea di associazione statica, ecco. Se qualcuno lo pensava, ormai si sarà ricreduto… Lo statuto di ACF, secondo me, e qui credo proprio nello Spirito Santo, è stato scritto dieci anni fa probabilmente, senza sapere quello che scrivevamo, anzi senza probabilmente. L’abbiamo scritto prima che andasse via il Gaetano, e ci sono delle definizioni che sono ancora belle oggi… è scritta proprio bene! Mi dico: come mai abbiamo potuto farlo. Forse qualche parola… viene da lontano. Penso a quei pescatori della Galilea: raccontavano cose che ancora oggi, duemila anni dopo, gli esegeti scoprono ricchissime… Detto questo, che cosa sta diventando l’Associazione oggi? Io credo diventi sempre di più un servizio per la famiglia. La famiglia oggi ha tante necessità, se non trova sostegni, naufraga. I bei discorsi ce li facevano anche quando eravamo giovani noi… Tanti discorsi e tanti buoni insegnamenti, eppure tre quarti di noi si sono persi. Noi siamo qui, chissà… però siamo qui… La famiglia forse ha anche bisogno di cose nuove: ecco una associazione che si richiama alla comunità e alla famiglia, questo sogno che tanti di noi si portano dentro; oltre alla famiglia vorrebbero anche qualche cosa di più, se penso poi alle cento famiglie che si rivolgono a noi… Tutti dicono: io ho già tutto però non mi basta… ho un bel lavoro, ho una moglie che mi vuol bene, ho dei figli, però mi manca qualche cosa… Allora, se la nostra Associazione saprà rispondere a questi bisogni vivrà, ma tu capisci il discorso: nella mia testa, sempre di più, la comunità diventa uno strumento, l’associazione è uno strumento, la fondazione è uno strumento… Poi da poco è saltata fuori la parola autopromozione: nessuno di noi vuol essere promosso [da altri, ndr]. Ecco il discorso della sovranità…
G.: – Capisco bene l’importanza di questa idea, mi pare però che non dovrebbe essere un assoluto.
B.: – Si però io non voglio che qualcuno venga qua a dirmi… sennò sarei andato in un convento avrei accettato la santa obbedienza e qualcuno mi avrebbe aiutato a promuovermi. Penso all’autopromozione come un cammino alla santità, scusa la parola grossa
G.: – Ma ti pare, credo ormai che tra i credenti sia acquisita, però tra il dire e il fare…
B.: – Noi abbiamo il dovere di imparare strada facendo, e sbattendo anche il muso, aiutandoci, ecco l’educazione permanente… L’ACF sempre di più è credibile ed è creduta non tanto perché crea delle comunità ma perché lavora su un problema oggi vivissimo e urgente.
G.: – Mi pare di poter dire che ormai l’associazione ha una influenza molto importante anche in persone che magari non verranno mai in comunità, ma beneficiano delle idee, di una certa filosofia… In qualche modo molti ricevono qualcosa
B.: – È verissimo, c’è un’attrazione e un irraggiamento. L’hanno detto in tanti, anche tra le cento famiglie che si stanno preparando: noi non entreremo mai in comunità, però continueremo a camminare con voi… Ma questo non è merito nostro… Ieri a Jesolo dicevo: io mi meraviglio di quelli che entrano dal cancello e dicono «che pace che c’è qui», io che so le ansie, le paure, le tensioni che ci sono sotto, e gli altri che dicono «che pace»… Questa non è farina del nostro sacco… c’è qualche cosa d’altro! L’ACF allora deve e sta organizzandosi in questo senso: vedi i gruppi di autoaiuto, e va benissimo. Noi però, che siamo già in comunità, che vediamo questi sviluppi un po’ come una espropriazione, perché consideriamo l’associazione una cosa nostra, dobbiamo fare un salto culturale. ACF infatti sta diventando una cosa non più nostra. E io un po’ anche per provocare dico spesso che l’associazione dovrebbe essere fatta di gente qualsiasi… Che poi abbia un filo diretto con le comunità si, perché ha bisogno di leggere quello che sta succedendo, ma anche le comunità hanno bisogno di sapere quello che succede fuori… Il valore della comunità va al di là della persona. Dice lo statuto: «… non solo nell’accoglienza, ma nel favorire momenti di socializzazione»! La società ha bisogno di capire perché noi stiamo facendo queste cose… Il rischio e il pericolo da evitare è che le persone si siedano, che si abbassi il tiro, che non ci si autopromuova più.
G.: – Il pericolo allora è che la comunità diventi un parcheggio generale… Sarebbe utile avere in tutti i casi una vaccinazione preventiva, ma invece quella ricetta non c’è, e per fortuna…
B.: – Eh si, è bello questo, siamo sempre alla ricerca… Il problema di non sedersi è che la famiglia ha in sé, nella sua natura, il rischio di sedersi: i problemi sono tanti e non hai più tempo per niente. Cosa dice san Paolo? Provate tutto, ritenete ciò che è buono, quando ero giovane ragionavo da giovane. L’associazione è in divenire, niente fissismo…
G.: – «Ricordati di ricordare» è stato detto negli incontri delle famiglie.
B.: – Lo so che la gente che ce lo chiede ti rompe, ma questa è l’accoglienza… Quello che abbiamo buttato dalla finestra lasciando il nostro appartamento quando siamo entrati in comunità, il rischio è di ricostruirlo in comunità: allora ci lamentiamo perché sono tante le famiglie che vengono a chiedere,
G.: – Ma non sei forse un po’ polemico?
B.: – Certo, ma io sono fatto così, è il mio ruolo. Certo gli impegni sono tanti, ma nessuno dice che tutti devono fare tutto, ognuno deve fare quello che al momento è necessario. Tu hai detto nessuno ha la ricetta e questa è una grande verità. Su qualche nostro foglio c’era anche scritto: nessuno deve credere di aver capito tutto di Villapizzone. L’Associazione non è le comunità, le comunità non sono l’Associazione. L’ultima cosa che volevo dire è che in prospettiva non faremo più… – oddio ora diranno che il Bruno comanda lui – ma non lo dico io è una cosa che viene avanti nella realtà: l’associazione non potrà più fare un discorso soltanto di famiglie, ma di persone. Ci sono in giro troppi single. Come Associazione noi dovremo fare autopromozione della persona comunque, che sia sposata, o single, o religioso.
G.: – Lo sai che si sente dire che te ne vai da Castellazzo. È ufficiale?
B.: – Si, si, si può dire, succederà prima dell’autunno, mi sembra una cosa giusta… Ci prendiamo un po’ di libertà: andiamo a Berzano, ma anche lì sarà un momento. Non so che cosa potrò fare, ma loro hanno detto che sarà utile e io vado. Io non voglio fare il direttore, voglio solo essere a disposizione…
G.: – mi sembra corretto: a domanda rispondo…
B.: – Bravo, anch’io. Io ci sono, faccio il mio lavoro nell’Associazione, finché sarò eletto. Nelle comunità invece voglio essere libero, fuori. Se qualcuno mi cerca per un parere per un consiglio, io spero di esserci. Finché ci sarò, poi…
G.: – Non mettiamo limiti alla Provvidenza.
B.: – Io vorrei proprio essere uno dell’Associazione, mi spiace non poter vivere in una comunità. Quando non sarò più eletto e sarò Bruno e basta, se qualcuno mi vorrà andrò… A questo punto anche il Castellazzo ha diritto di non avermi più tra i piedi…
G.: – E Laveno, si è sbloccato?
B.: – No, Laveno non si è ancora sbloccato, speriamo che si sblocchi… È un posto molto bello…
G.: – Il parroco mi ha detto che il Cardinale verrà in visita pastorale a Basiano il 26 Settembre…
B.: – Allora verrà anche da noi. Noi non abbiamo ancora la comunicazione ufficiale aspettiamo. A noi ha detto: approfitterò della visita Basiano che non ho mai fatto.
G.: – I Greppi sono andati?
B.: – Si, a Ballabio. È fatta: per ora solo soli perché ci sono questi tre anziani educatori. Ma proprio oggi mi dicevano che faranno qualcosa con quelli di Galbiate. Facciamo allora anche il discorso di Lecco. Il discorso si sta ampliando. Entro l’estate le famiglie saranno quattro. E poi Paderno d’Adda. Qui la parrocchia aveva una struttura e tre famiglie, completamente nuove, hanno preso sul serio questa offerta. Paderno è a metà strada tra Castellazzo e Lecco. Ci sono altre possibilità come questa. Per esempio, a Mediglia – dietro Linate – anche lì c’è una parrocchia che darebbe una struttura, vuota, in parte ristrutturata e che loro non usano, ma nessuno si fa avanti. Anche a Cantù c’era un’offerta di una struttura piccolina, tre, quattro famiglie al massimo. Non so: io credo che poi, quando le cose matureranno, la gente salta fuori… Io non spingo: l’idea è che l’associazione fa delle proposte, se qualcuno ci mette le gambe…
G.: – “Se va ha le gambe”, dicono a Milano…
B.: – E si, e poi c’è il progetto, molto impegnativo, di Bruzzano. I condomini e la fabbrica. La fabbrica sostanzialmente è un bisogno di Villapizzone, che deve venir via di li… Il Comune è d’accordo su Villa Caimi e la cascina di Via Piombino. Ora bisogna cercare l’accordo con chi subentra a Villa e vedere i contributi che dovrebbero dare. È una bella proprietà con un bel parco. Bruzzano è nata così: si chiude il Paolo Pini. Le ultime famiglie dei pazienti erano in agitazione. Molto schematicamente – il Cardinale ha detto: non preoccupatevi, vedrete che la comunità cristiana provvederà. La Caritas ha fatto una comunità terapeutica in un oratorio e una seconda dai salesiani in via Copernico. Volevano utilizzare anche un appartamento, ma la cosa si è rivelata impossibile. Allora si è detto: perché non costruire un condominio solidale attorno a una comunità per ammalati psichici? Ecco il progetto di Bruzzano-solidale (si chiamerà così) che vede impegnati tre soggetti: la comunità terapeutica, di cui si occuperà «Farsi prossimo», la comunità di famiglie che è della nostra ACF, e l’impresa sociale per l’attività. Si tratta di comprare il tutto e ci vogliono sette miliardi…
G.: – Salute!
B.: – Abbiamo presentato un progetto alla Fondazione Cariplo, speriamo che la Curia e la Caritas ci appoggino. La fabbrica invece è un problema nostro. La BPM sarebbe disponibile a farci un mutuo di trent’anni che noi pagheremmo come se fosse un affitto. Il 18 Giugno a Varese, l’ACF si presenterà alla popolazione. Il gruppo di famiglie di Varese ha fatto un bel lavoro. A parte Laveno, c’è il villaggio della Valganna, ma questo è da comperare dal TCI, che ci ha dato un’opzione per un anno, e vuole un miliardo e mezzo
G.: – Pensavo di più
B.: – Infatti erano tre, ma sono scesi… Siamo andati all’Asl, alla Regione e abbiamo trovato sempre molto interesse. Adesso si tratta di concretizzare. C’è una fondazione che sarebbe disponibile a darci un aiuto e c’è un bel gruppo di famiglie. C’è poi anche il progetto di Morazzone che però è un po’ fermo perché il piano regolatore ha reso il terreno edificabile e allora… Questa è un po’ la situazione delle comunità. E com’è poi che salta fuori la Fondazione? Le esigenze sono molte, servono tanti capitali, non vogliamo la carità, dobbiamo trovare i fondi. Ecco la Fondazione! La funzionaria della Cariplo che ha studiato tutte le carte, dice che per l’Italia una fondazione così è una cosa nuova. Ma in America c’è già e si chiama Fondazione di Intermediazione (tra le risorse). Ma la Fondazione non è un problema di tutti: le famiglie si devono occupare della famiglia e della comunità, la comunità eleggerà uno che la rappresenterà nell’associazione, l’associazione eleggerà uno che la rappresenti nella Fondazione: e questo è tutto. Tra l’altro ACF non è una esclusiva: e se domani nascesse l’ACF Veneto?
a cura di Giorgio Chiaffarino

